Stretching, Massaggi e Acido Lattico
Stretching Passivo
È noto anche come Stretching Rilassato o Stretching Statico Passivo e viene eseguito sul corpo della persona grazie dell’aiuto di forze esterne, il Massaggiatore nel nostro caso. Il cliente si troverà in un completo stato di rilassamento e non parteciperà in modo attivo al raggiungimento della completa distensione muscolare. È molto utile per alleviare gli spasmi del muscolo che sta guarendo da una Lesione ed è inoltre una tecnica ottimale per ridurre la fatica e l’indolenzimento dopo una prestazione sportiva.
Tale manovra e particolare massaggio stretching è consigliata a tutte quelle persone che desiderano portare l’allungamento del muscolo oltre il limite consentito dallo stretching normale.
Benefici dello Stretching Passivo
È in grado di apportare numerosi benefici sia a livello muscolare, sia a livello articolare, mentale e cardiovascolare. Vediamo quali:
– Mantiene i muscoli, i tendini e le articolazioni flessibili;
– Prepara il corpo all’attività fisica;
– Migliora il coordinamento dei movimenti
– Stimola la lubrificazione articolare;
– Previene le Lesioni Muscolari;
– Rallenta la calcificazione del tessuto connettivo;
– Migliora la circolazione;
– Diminuisce la pressione arteriosa;
– Produce un grande senso di rilassamento generale;
– Riduce lo stress.
Controindicazioni
– Interventi chirurgici recenti;
– Problemi articolari e muscolari;
– Lungo periodo di inattività motoria.
Uno studio del 2013 intitolato “Stretching and deep and superficial massage do not influence blood lactate levels after heavy-intensity cycle exercise” ha valutato il ruolo dell’applicazione dello stretching passivo o massaggio stretching, dei massaggi profondi e dei massaggi superficiali dopo l’esercizio fisico intenso. Si è osservata soprattutto la cinetica della concentrazione di lattato nel sangue ([La (-)]) ed i risultati sono poi stati confrontati con quelli ricavati dal recupero attivo e passivo.
Nove partecipanti (età 23 ± 1 anni; statura 1,76 ± 0,02 m; massa corporea 74 ± 4 kg) hanno eseguito, in 5 occasioni, 8 minuti di esercizio al 90% del massimo consumo di ossigeno. Questi sono stati seguiti da 5 interventi da 10 minuti ciascuno (in ordine casuale); rispettivamente: recupero attivo, recupero passivo, massaggio profondo, massaggio superficiale e stretching passivo. Dopo gli interventi ha seguito 1 ora di recupero. Nel corso di ogni seduta, si sono determinati: la contrazione volontaria massimale (MVC) dei muscoli estensori della gamba, la concentrazione ematica di lattato [La (-)] e le variabili cardio respiratorie e metaboliche.
I risultati hanno smentito chiaramente l’ipotesi che sia i massaggi superficiali, sia i massaggi profondi che lo stretching possano ridurre l’acido lattico nel sangue così come gli altri parametri dell’affaticamento corporeo indotti dall’esercizio fisico intenso.
Queste pratiche non sarebbero quindi idonee all’ottimizzazione dei tempi di recupero, in quanto hanno fornito dei dati più simili a quelli del recupero passivo, mentre il recupero attivo si è dimostrato il sistema più efficace nella metabolizzazione dei cataboliti nel sangue.
Stretching e Resistenza
Ormai da qualche decennio, lo stretching ed il massaggio stretching è considerato una pratica fondamentale al miglioramento della fitness muscolo-articolare di base, alla prevenzione dei traumi e alla riabilitazione muscolare, oltre che all’ottimizzazione delle prestazioni atletiche in varie discipline.
Proprio in merito a quest’ultimo ambito, è necessario rammentare che le opinioni dei tecnici sportivi risultano spesso discordanti, ragion per cui la ricerca scientifica ha tentato di chiarirne la vera entità.
Infatti, se da un lato lo stretching vanta moltissimi pregi, dall’altro può compromettere lo sviluppo della forza massimale. Ovviamente, ciò avviene solo in condizioni particolari, cioè nel momento in cui il protocollo viene svolto subito prima della prestazione (non dopo) e con tempi di allungamento pari o superiori ad un minuto (non inferiori).
Ma per quel che riguarda la resistenza aerobica?
Uno studio del 2010 intitolato “Effects of static stretching on energy cost and running endurance performance” ha cercato di rispondere anche a questa incertezza tecnico metodologica.
Sono stati esaminati gli effetti dello stretching statico sui costi energetici e sulle prestazioni sportive di resistenza in soggetti corridori di sesso maschile ben allenati.
Sono stati reclutati 10 maschi praticanti corsa di fondo, di età compresa tra 25 +/- 7 anni, con una media di VO2max pari a 63,8 +/- 2,8 ml/kg/min.
Gli esami sono stati svolti in laboratorio e in 3 giorni separati. Nel giorno 1 si sono valutati l’antropometria e il VO2max; nei giorni 2 e 3 (sessioni distanziate da una settimana), i partecipanti (scelti a random) hanno eseguito una prova al tapis roulant di 60 minuti con o senza stretching di preparazione.
Lo stretching era di tipo statico, comprendeva 5 esercizi (dei gruppi muscolari principali appartenenti al distretto inferiore del corpo) ed è durato 16 minuti; il gruppo che non ha svolto stretching è rimasto a riposo.
Il protocollo di corsa consisteva nello svolgimento di 30 minuti al 65% del VO2max (pre carico), seguiti da 30 minuti di performance in cui i partecipanti dovevano correre per quanto possibile senza visualizzare la distanza e la velocità.
Il pre carico è stato valutato attraverso il dispendio calorico, mentre la performance si è valutata misurando la distanza percorsa.
Le prestazioni sono risultate significativamente maggiori nel gruppo che non ha svolto lo stretching (6,0 +/- 1,1 km) rispetto al gruppo che ha effettuato il protocollo di allungamento (5,8 +/- 1.0km), con un dispendio energetico sensibilmente maggiore nel gruppo che ha praticato lo stretching rispetto all’insieme che è rimasto a riposo (425 +/- 50 vs 405 +/- 50kcal).
I risultati suggeriscono che svolgere lo stretching prima di una prestazione di corsa resistente può ridurre la performance ed aumentare il costo energetico totale.
Tratto da https://www.my-personaltrainer.it/Foto/Stretching/Stretching_Resistenza.html